“Oggi non è successo niente. E se è successo qualcosa è meglio non parlarne, perché non l’ho capito”.

Messico 1975. Novantacinque narrazioni. Cinquantatré narratori. Diciassette città. Dodici nazioni.

Ulises Lima e Arturo Belano, scrittori “realvisceralisti”, spiantati perditempo ma soprattutto giovani alla ricerca della propria identità. Cesárea Tinajero, anziana segretaria, poetessa d’avanguardia e modello di una generazione.

Le scorribande in una Città del Messico degli anni Settanta, e i pellegrinaggi verso l’agognata Europa, la ricerca della mitica Cesárea e dell’ancor più mitica coscienza di sé.

Sono questi gli ingredienti del romanzo di Bolaño. Più che un racconto un viaggio che il lettore intraprende insieme ai personaggi. E allora, quasi inconsciamente, ci si lascia accompagnare in questa avventura incredibilmente realistica ed allo stesso tempo surreale. “I Detective Selvaggi” coinvolge, i sentimenti dei personaggi sono i sentimenti del lettore. Si vaga per i quartieri di Città del Messico tanto da arrivare a conoscerli, i protagonisti principali diventano amici, confidenti. E a questo punto è ancor più difficile discernere quale sia la verità. Un romanzo di formazione o forse solo il romanzo di un fallimento?

Sicuramente una lettura ironica, a tratti cinica, in qualche modo sentimentale. Un percorso di ricerca e di scoperta che va oltre le pagine di carta. Un racconto che non lascerà indifferenti.

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